Just Me, Myself and I

Dei vecchi semafori

Postato il 26 Febbraio 2016 in Just Me, Myself and I, Racconti
Nell'inferno degli inguaribili ottimisti, quelli che, non tanto per scelta o per logica, ma più per una condizione mentale innata e difficile da sradicare, tendono a pensare che il mondo in fondo non sia un posto poi tanto brutto dove vivere, c'è un girone speciale dedicato a quelli che non solo sono inguaribili ottimisti, ma hanno anche la testa tra le nuvole. In questo girone c'è una ragazza. Abita in un paesino fuori città, carino anche se un po' decadente. Ogni mattina esce per recarsi dal fruttivendolo, o a comprare le sigarette. Si ripete ogni giorno che prima o poi smetterà di fumare e, da inguaribile ottimista qual è, ci crede davvero. In fondo alla stradina di casa sua c'è un semaforo, l'unico nell'arco di chilometri. E' un vecchio semaforo che di solito rimane spento, per accendersi solo di quando in quando, seguendo ritmi e orari incomprensibili ai più, come un vecchio che si addormenta sulla sedia per poi risvegliarsi e affermare con determinazione che stava solo riposando gli occhi. Ha una lampadina fulminata e nell'oblò del giallo manca il vetro. E' così vecchio e scalcinato che viene risparmiato persino dai volantini, dalle disperate richieste di lavoro, o dalle vendite di una fiat uno rossa del 1991, 186000 km, sempre garage, ottimo affare. Ogni mattina la ragazza si ferma davanti al semaforo, preme il pulsante per l'attraversamento pedonale, e aspetta. Ha la testa nel telefono o persa in chissà quale nuova erbaccia spuntata sul marciapiede. Una volta è sicura di aver visto una pozzanghera con la forma del viso di Jimi Hendrix, uguale sputata. Saluta la signora piegata a metà dagli anni che passa con le buste della spesa e si chiede come si faccia a pensare di progettare una casa con quei terrazzini chiusi, tanto brutti e dove non si può mettere neanche una pianta. A un certo punto, forse inconsciamente stanca del troppo aspettare, si ridesta dai suoi pensieri. Alza gli occhi e si ricorda, come ogni mattina, che non solo il semaforo è probabilmente spento, ma che quel pulsante con la plastica scolorita, sporca e logora, ormai diventata color fiat uno rossa del 1991, non funziona e non ha mai funzionato. Inutile dire che quella ragazza sono io.
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Just Me, Myself and I

Dei gamberi a colazione

Postato il 17 Dicembre 2015 in Just Me, Myself and I
Qualcuno mi diceva sempre che io ero una tortura. Avevo grandi, enormi potenzialità, lo spirito giusto per fare tutto, per andare sempre più in alto, sempre più vicina al limite per poi superarlo, ma inesorabilmente facevo come i gamberi, tre passi avanti e due indietro. E questo era sfiancante. Ogni volta a sbattere la testa negli stessi errori e ricominciare da capo come se non non avessi imparato niente, o mi sforzassi ogni volta di farne di nuovi. Mi diceva che non ero costante e spesso incoerente, che avevo la dote di affrontare le cose difficili con leggerezza, la stessa leggerezza che usavo però anche per le cose importanti, quelle serie sul serio. Mi diceva che avevo una gran testa ma che la usavo solo per rincorrere le farfalle, perdendo inutilmente tempo prezioso. Mi diceva che ero una barca alla deriva perennemente indecisa su quale rotta prendere, e che nonostante tutta la sua buona volontà non avrei mai imparato a navigare da sola, ma a una certo punto, se fossi stata fortunata, mi sarei fatta "abbordare" da una nave più grossa e lasciata trascinare silenziosa. Nel peggiore dei casi, sarei naufragata su uno scoglio. Avevo vent'anni e l'universo mi sembrava meraviglioso e tutto da esplorare. Sono passati tanti anni da allora e mano a mano che il tempo passa si fanno chiare tante cose di me che prima erano avvolte nella nebbia -era ora, mi si dirà-. La rabbia repressa, l'ostilità, e quella voglia mai sedata di andare oltre. Non sono naufragata, e forse non sarei mai riuscita a veleggiare da sola. Chi nasce tondo non muore quadrato, la solitudine non è una cosa che mi appartiene e a volte è bene prendere coscienza dei propri limiti, e non per forza, per quanto estremamente facile, non essere soli significa essere male accompagnati. Ho trovato un vascello sicuro che mi accompagna nella mia strada, ma io non me ne resto silenziosa. Navigare in due non è sempre facile, a volte si fa veloce, a volte meno, e per quanto a volte possa sembrare faticoso, in certi momenti bisogna fermarsi e aspettare l'altro. La cosa importante, sebbene il tempo sia prezioso, non è quanto dura il viaggio, ma la consapevolezza di ciò che si vuole e di dove si sta andando, e per quante cose ogni giorno cerchino di distrarci, non dimenticare mai l'obiettivo. Nonostante tutto però, c'è una sensazione che purtroppo rimane costante in me, ed è quella del sapore dolceamaro della merda mischiata coi biscottini. Per quanto io mi sforzi di nuotare verso l'alto, c'è sempre qualcuno, direttamente o indirettamente, che tenta di trascinarmi sul fondo. Tutti abbiamo i nostri fantasmi, i nostri mostri, o semplicemente persone che tendono quotidianamente a metterci i bastoni tra le ruote. E quello che ancora non ho imparato a fare, nonostante gli sforzi, tutte le musate prese, le incazzature e le fregature, è quella di fare tabula rasa di queste persone. Virgilio diceva a Dante, passando di fronte al girone degli ignavi "Non ti curar di loro, ma guarda e passa". E forse mai frase fu più azzeccata. Ed è qui che il gambero fa una brutta fine. L'ha già fatta da un po' in effetti, ma ora è il momento di mangiarselo a colazione, stendere il passo e sfondare ogni porta finché non avrò ottenuto ciò che mi spetta. Se l'universo si ostina ad essermi ostile, io lo sarò di più.
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Just Me, Myself and I

Delle perle di saggezza

Postato il 17 Dicembre 2015 in Just Me, Myself and I
L'unico modo che conosco per resistere alle tentazioni, è starne lontana. Solo che anche quest'ultima opzione pare non mi riesca molto bene.
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The Untold

Di quando Machu Picchu non sta in Perù

Postato il 13 Dicembre 2015 in The Untold

Ho sognato quest'uomo, biondo, sulla quarantina, un fisco magro, non particolarmente atletico. Non ricordo se all'inizio del sogno era nudo, ma stava lì, seduto su un pontile sul mare, circondato da ragazze giovani e dal tipico viso francese, una sorta di harem della felicità e del vizio.

Dicevo che non ricordo se all'inizio del sogno fosse nudo, ma a un certo punto lo era, e, in mezzo alle gambe, aveva questo enorme, gigantesco pene, larghissimo alla base per poi finire con una piccola punta rossa. Un Machu Picchu dei cazzi. 

E ricordo che il mio unico e solo pensiero da quando l'avevo visto era il desiderio di succhiarglielo. E così a un certo punto mi avvicino, non ricordo cosa gli dico, poi prendo tra le mani quel suo enorme arnese e comincio a leccarne la punta, cercando piano piano di spingere le mie labbra sempre più giù, scalando al contrario quella montagna. Lui inizia a toccarmi, ma non fino a farmi venire.

Cut, cambio scena. Siamo in un bar, un bar in legno con cuscini ovunque. Le ragazze sono tutte lì e lui le incita a bere strani intrugli superalcolici. Mi avvicino a lui e gli faccio presente che io gliel'ho succhiato, ma che io ancora non sono venuta. Lui è sdraiato su un letto adesso e io seduta sul suo ventre. Ha le mani sotto la testa e mi guarda beffardo. "Vorresti cavalcarmi?" mi chiede. Annuisco. "Allora dovrai chiedere il permesso al mio cazzo..". E' quello che faccio, sentendo in me tutta l'umiliazione di un gesto simile.

Poi salgo su di lui e lentamente faccio scivolare il suo enorme cazzo tra le gambe. Lui mi guarda soddisfatto. Mentre comincio a muovermi su di lui lo sento dire "vediamo se hai anche i capezzoli sensibili..". A quelle parole i miei capezzoli diventano turgidi e duri. Lui li accarezza, io chiudo gli occhi per il piacere e le mie gambe cominciano a tremare. Ridacchia "Ohoho.. Ma allora sei davvero una sala giochi!".

Io continuo a cavalcarlo e lui a toccarmi finché non esplodo in un orgasmo. "Avresti dovuto chiedere il permesso", dice lui, "ma dato che é la prima volta ti perdono". Le mie gambe tremano. "Mi piace questa cosa che tremi", mi dice. Ho gli occhi lucidi. "Ti ho fatto male?" mi chiede quasi beffardo. Io scuoto la testa. "Allora sono... Lacrime di gioia?!" Annuisco. "Veni qui" mi dice mentre mi stringe a sé, mi abbraccia e mi bacia dolcemente "Allora sei davvero una bambina speciale". Mi prende la testa tra le mani, mi guarda teneramente "E adesso muovi quel culo prima che mi si ammosci il cazzo". 

Un disegno che ho fatto al computer mentre trascrivevo il sogno sul mio diario

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Just Me, Myself and I

di quando i rumori ti devastano il cervello

Postato il 18 Agosto 2014 in Just Me, Myself and I
brrromm. broooooom vrom. vroooonm. dentro la testa. che non ce la fai. che non metti neanche le maiuscole dopo il punto. che vorresti morire adesso solo per non sentilo ancora. che buttarti dalla finestra a volte sembra l'unica soluzione plausibile e soltanto ami troppo qualcuno per farlo. e comunque sia ci hai pensato spesso. e nessuno può capire quel rumore che senti nella testa e nelle ossa. che mangia la tua scarsa sanità mentale da dentro. che non ti fa dormire. che divora il tuo io, e che solo si ripete all'infinito. brrromm. broooooom vrom. vroooonm. come un camion acceso nella testa.
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