#paroladelgiorno

Postato il 15 Febbraio 2017 in Racconti
Su un gruppo Facebook di scrittura creativa che frequento è nata questa iniziativa, la #paroladelgiorno. Ogni giorno viene sorteggiata una parola e, con quella, si deve scrivere un breve racconto, una piccola storia o, per gli scrittori seri (quelli che scrivono davvero insomma), magari una frase o uno spunto per il loro lavoro. Non che siano brani di chissà quale valore letterario, ma ho deciso di raccogliere le mie storie affinché non vadano perse.

12.02.17 #paroladelgiorno CORO

Marco si stava preparando, come ogni domenica, per la sua esibizione nel coro della Chiesa. Davanti allo specchio controllava e ricontrollava meticolosamente che tutto fosse in ordine, e che il farfallino fosse perfettamente dritto. Sapeva che Don Mario ci teneva, e in particolar modo quella domenica, dato che ad officiare la messa sarebbe arrivato, direttamente da Città della Chiesa, l'Arcivescovo Calanna, prelato di spicco e personalità chiave dell'Associazione Giovani Molto Cattolici, dalla quale la chiesa di Don Mario aveva recentemente ricevuto in dono il piccolo parco giochi che ora adornava il cortile dell'oratorio. Dopo un ultimo ritocco, Marco decise finalmente che tutto era perfettamente in ordine. Indossò il cappotto e uscì, la bibbia stretta tra le mani e dentro di essa, serrato saldamente tra le pagine affinché non cadesse, il coltello.

13.02.17 #paroladelgiorno IRRAZIONALE

Da quando si era lasciato alle spalle quell’orrendo lavoro da avvocato, e insieme a lui quelle insulse camicie piene di bottoni, Giovanni si sentiva un uomo nuovo. Non c’era proprio niente di stupido o irrazionale nella paura dei bottoni, quei piccoli infidi esserini, apparentemente così innocui nella loro forma rotonda e completamente priva di spigoli. Già, apparentemente. Lo spaventavano quelli grandi, tipo quelli dei camici e dei pigiami da ospedale, che gli rimandavano ricordi raccapriccianti come camici e pigiami da ospedale, ma soprattutto quelli piccoli come quelli delle camicie, confinati in asole che rifiutavano con tutto il disprezzo che solo una cosa così piccola può provare, allacciandosi sempre storti, soprattutto nelle mattine in cui si ha fretta, quasi lo facessero apposta. Anzi senza quasi, i bottoni avevano una coscienza propria e tramavano contro di lui, contro l'intera umanità, ne era sicuro. Mentre finiva di allacciarsi il corsetto Giovanni, in arte Lady Salamandra, stella del Locale Molto Ambiguo, pensò che quello era davvero il lavoro dei suoi sogni. Solo paillettes, lustrini, collant e nastri. Niente bottoni.

14.02.17 #paroladelgiorno IMPEGNO

Sebbene frotte di paesani e persino visitatori da fuori si recassero quotidianamente alla pasticceria Dolci Zuccherosi di Matteo Alfieri per assaggiare le sue prelibate torte, le tartellette alla crema e le crostate, Matteo sentiva che la sua carriera di pasticcere non era completa e, anzi, aveva un enorme cruccio che gli pesava sul cuore: nonostante tutto il suo impegno, non era mai riuscito a creare la ciambella perfetta, l’esatta proporzione tra impasto e buco. Come spesso gli accadeva, anche quella notte l’aveva passata in bianco e impastare e infornare e, preso ormai dallo sconforto, quasi all’alba Matteo si era addormentato, facendo uno strano sogno. Al suo risveglio, colto da un’illuminazione, si era messo subito al lavoro, dopodiché aveva chiamato tutto il paese a raccolta per deliziarlo con la sua ultima, meravigliosa, perfetta creazione: buchi di ciambella! Gli abitanti del paese si aerano avvicinati perplessi, osservando il vassoio vuoto, incerti se palesare o meno i propri dubbi per paura di ferire il pasticcere. D’un tratto, sicuramente più veloce di un batter d’occhio, un enorme voragine si era aperta nell’aria proprio sopra al vassoio e Matteo ne era stato risucchiato all’interno, quindi si era richiusa, lasciando dietro di sé solo il tavolo vuoto e gli astanti, attoniti. Quello che Matteo non sapeva, purtroppo, è in realtà una delle più importanti leggi della fisica, e cioè che non è il buco a stare dentro la ciambella, ma la ciambella a stare intorno al buco, in modo da contenerlo. Di Matteo non si seppe più niente e ancora oggi gli abitanti di Urlapicchio sono alquanto restii a parlare sia di ciambelle che di buchi.

15.02.17 #paroladelgiorno MESSAGGIO

Anna si sveglia completamente intontita. E’ in una stanza buia della quale riesce a vedere solo il pavimento a scacchi bianchi e neri che sembra uscito da una brutta discoteca anni ’80. Sente delle voci ma non riesce a capire da dove provengano. “C’è nessuno?” urla. Il brusio continua ma nessuna risposta arriva a rassicurarla. Le luci si accendono d’improvviso, abbagliandola. Quando riacquista la vista, si accorge che addosso non ha la divisa con la quale ricorda di essere uscita dal suo turno alla Fabbrica del Metallo, ma un vestito bianco da sposa. Mentre lo osserva stranita, sul suo petto, proprio all’altezza del cuore, compare un punto rosso luminoso. Anna si guarda intorno e, come aveva intuito, scopre che ci sono molte persone nella stanza, a occhio una trentina, disposte in piedi, in silenzio, su due file contrapposte. Dietro di loro, uno schermo a led luminosi con quello ha tutta l’aria di essere un timer, e sotto di esso, un messaggio: il bianco muove per primo, fai la tua mossa.

16.02.17 #paroladelgiorno MANTELLO

E' una mattina soleggiata, e nonostante l'inverno non abbia ancora del tutto allentato la morsa del freddo, alcuni tiepidi raggi riscaldano la pelle raggrinzita del piccolo capannello di anziani assiepato in Piazza Centrale, nella quale, sul muro del comune, è appena stato affisso il seguente avviso: "Ufficio dei Carabinieri di Urlapicchio, sezione Furti e Smarrimenti. Rapallo Valentina, di anni 14, dichiara che ieri sera, alle ore ventidue e dodici, sotto un mantello di stelle, tale Fumagalli Gianmarco, figlio della portinaia, di anni 15, le ha rubato un bacio in località Parco Pubblico. Onde non incorrere in sanzioni, si invita il Sig. Fumagalli a restituire il maltolto, o di provvedere alla sostituzione del bacio sottratto con uno nuovo o, almeno, in buone condizioni."
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Just Me, Myself and I

Dei vecchi semafori

Postato il 26 Febbraio 2016 in Just Me, Myself and I, Racconti
Nell'inferno degli inguaribili ottimisti, quelli che, non tanto per scelta o per logica, ma più per una condizione mentale innata e difficile da sradicare, tendono a pensare che il mondo in fondo non sia un posto poi tanto brutto dove vivere, c'è un girone speciale dedicato a quelli che non solo sono inguaribili ottimisti, ma hanno anche la testa tra le nuvole. In questo girone c'è una ragazza. Abita in un paesino fuori città, carino anche se un po' decadente. Ogni mattina esce per recarsi dal fruttivendolo, o a comprare le sigarette. Si ripete ogni giorno che prima o poi smetterà di fumare e, da inguaribile ottimista qual è, ci crede davvero. In fondo alla stradina di casa sua c'è un semaforo, l'unico nell'arco di chilometri. E' un vecchio semaforo che di solito rimane spento, per accendersi solo di quando in quando, seguendo ritmi e orari incomprensibili ai più, come un vecchio che si addormenta sulla sedia per poi risvegliarsi e affermare con determinazione che stava solo riposando gli occhi. Ha una lampadina fulminata e nell'oblò del giallo manca il vetro. E' così vecchio e scalcinato che viene risparmiato persino dai volantini, dalle disperate richieste di lavoro, o dalle vendite di una fiat uno rossa del 1991, 186000 km, sempre garage, ottimo affare. Ogni mattina la ragazza si ferma davanti al semaforo, preme il pulsante per l'attraversamento pedonale, e aspetta. Ha la testa nel telefono o persa in chissà quale nuova erbaccia spuntata sul marciapiede. Una volta è sicura di aver visto una pozzanghera con la forma del viso di Jimi Hendrix, uguale sputata. Saluta la signora piegata a metà dagli anni che passa con le buste della spesa e si chiede come si faccia a pensare di progettare una casa con quei terrazzini chiusi, tanto brutti e dove non si può mettere neanche una pianta. A un certo punto, forse inconsciamente stanca del troppo aspettare, si ridesta dai suoi pensieri. Alza gli occhi e si ricorda, come ogni mattina, che non solo il semaforo è probabilmente spento, ma che quel pulsante con la plastica scolorita, sporca e logora, ormai diventata color fiat uno rossa del 1991, non funziona e non ha mai funzionato. Inutile dire che quella ragazza sono io.
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Alba livida

Postato il 12 Gennaio 2016 in Photo, Racconti
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San Miniato, Siena - 8.1.2016 - iPhone 6

Mac si alzò stiracchiandosi dopo l'ennesima notte di poco sonno, e come ogni mattina si diresse alla finestra. Guardò fuori, seguendo con lo sguardo i profili indistinti delle case fino a quel grosso grattacielo che non gli era mai piaciuto. Aveva sempre pensato che, già dal giorno in cui l'avevano terminato, sembrasse lo scheletro di un enorme mostro, il monumento funebre a un altro pezzo di verde strappato al suo quartiere. L'unica cosa che gli piaceva di quel grattacielo era la signora Vanda, che lo salutava con la mano ogni mattina quando usciva per stendere il bucato, mentre lui se ne stava in terrazza a lavorare al portatile. Chissà che fine aveva fatto, povera Vanda. Darma uscì in quel momento dalla camera, si avvicinò a lui e lo abbracciò, destandolo dai suoi pensieri. "Vedrai che domani sarà una bella giornata", gli disse, "e io e te usciremo con la moto e andremo a fare un picnic in quel posto che ci piace tanto, vicino al laghetto". Mac si voltò, la strinse a sé e le diede un bacio sulla fronte. "Vai a vestirti piccola, che oggi dobbiamo uscire". Mentre Darma tornava verso la camera, Mac la seguì con lo sguardo, e la maglietta che lasciava intravedere la parte inferiore delle sue natiche così rotonde gli strappò un sorriso, ricordandogli ancora una volta del perché quel giorno di tre anni prima aveva rischiato di fare a botte per invitarla a prendere un drink. Poi tornò a guardare fuori, il suo sguardo si soffermò su quell'autobus parcheggiato sotto casa e pensò a quando di prima mattina le persone affollavano la pensilina, con gli occhi assonnati immersi nel cellulare e l'umore nero come il petrolio. Il petrolio che due anni prima aveva scatenato la guerra. All'inizio tutti avevano pensato che sarebbe finita presto, che si sarebbero trovate altre fonti, che in un modo o nell'altro si sarebbe fatto. Ma poi le cose erano degenerate, i paesi in via di sviluppo avevano reclamato il loro diritto all'oro nero ormai sempre più scarso, e nell'arco di pochi mesi tutto era diventato un casino mondiale. Invece di impegnarsi per trovare nuove fonti di energia, i governi avevano iniziato a impiegare tutti i ricercatori nella costruzione di nuove armi, che divennero ogni mese più pericolose e crudeli. Ora ad aspettare quell'autobus, fermo lì ormai da troppo tempo, non c'era più nessuno. Era diventato uno scheletro anche lui, l'altra metà di in un'ironica, macabra accoppiata col grattacielo. Con un forte strattone Mac avviò il generatore, aprì il computer e dette un ultimo veloce sguardo alle mappe che era riuscito a scaricare qualche mese prima che la rete saltasse del tutto. "Allora, dove andiamo di bello?" chiese Darma. "Distretto 2, incrocio nord, dovrebbe esserci rimasto ancora qualcosa in quel magazzino". Darma strinse le cinghie dello zaino al suo petto sempre più magro, si aggiustò gli stivali, indossarono le maschere, e insieme uscirono nella nebbia tossica.
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